Investigatore privato, le prove fornite sono valide?
La giurisprudenza sulle prove fornite dall’investigatore.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente – Cassazione Civile 23 maggio 2014 n. 11516 – le prove fornite dall’agenzia investigativa devono essere ritenute “oggettivamente valide” se queste sono prodotte legittimamente e se il materiale sviluppato (foto/filmati) non sia stato artefatto in alcuna maniera.
Questo vuol dire che le prove raccolte devono essere prodotte unitamente al dispositivo che ha consentito l’archiviazione (potrebbe essere infatti richiesta una perizia di parte sulle fotografie scattate, da qui l’esigenza di conservare la scheda di memoria, ad esempio, della macchina fotografica). La legittimità del report investigativo quale prova atipica è stata reiteratamente affermata e la sua valenza ha acquisito sempre maggiore rilievo: con sentenza del 17 luglio 2013 il Tribunale di Milano ammetteva l’investigatore privato come testimone all’interno del processo, per consentire l’ingresso delle cose da lui stesso viste e fotografate, per il tramite della prova orale, esperita all’interno del contraddittorio processuale. Il Tribunale di Milano, sez. IX civ. con la sentenza 1 luglio 2015 ha ribadito che il rapporto investigativo può essere inserito come prova atipica nel processo ed è sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza nei confronti del coniuge fedifrago, se da quest’ultimo non ne viene contestato il contenuto. Detto assunto è fondato sul principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c., secondo il quale, in caso di omessa contestazione specifica, il fascicolo documentale fornito dall’investigatore assume a pieno titolo valore di prova nel processo. Ciò significa che, in caso di contestazione specifica di controparte, il rapporto di indagine deve essere oggetto di conferma probatoria mediante escussione testimoniale dei testi di riferimento.
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Fonte www.studiocataldi.it